[St. 15-18] |
libro i. canto xv |
273 |
Fermi non stanno e’ nove cavallieri,
Ma ver la rocca vanno a più non posso;
La strata fanno aprir coi brandi fieri,
Ducento millia n’ha ciascuno adosso.
Lasciar Ballano a forza li è mestieri,
Chè fo impossibil de averlo riscosso;
Li altri otto ancora son tornati insieme,
Tutta la gente adosso di lor preme.
E detti re son con loro alle mane,
Ciascun di pregio e gran condizïone.
Lurcone e Radamanto et Agricane
E Santaria e Brontino e Pandragone,
Argante, che fo lungo trenta spane,
Uldano e Poliferno e Saritrone;
Tutti eno insieme, e con gran vigoria
Atterrâr Antifor de Albarossia.
La schiera de quei quattro, che io contai
Che copriva la dama, in sua diffesa
Facea prodezze e meraviglie assai,
Ma troppo è disegual la lor contesa.
Agrican di ferir non resta mai,
Chè vol la dama ad ogni modo presa,
E gente ha seco di cotanto affare,
Che a lor convien la dama abandonare.
Et essa, che se vede a tal partito,
Di gran paura non sa che si fare,
Scordase dello annel che aveva in dito,
Col qual potea nascondersi e campare.
Lei tanto ha il spirto freddo e sbigotito,
Che de altra cosa non può racordare;
Ma solo Orlando per nome dimanda,
A lui piangendo sol se racomanda.