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orlando innamorato |
[St. 11-14] |
Il re de Sueza, forte campïone,
Che per nome è chiamato Santaria,1
Con una lancia d’un grosso troncone
Scontrò con Antifor di Albarossia;
Già non lo mosse ponto dello arcione,
Chè il cavalliero ha molta vigoria,
E se diffende con molta possanza;
A prima giunta li tagliò la lanza.
Argante di Rossia stava da parte,
Guardando la battaglia tenebrosa;
Et ecco ebbe adocchiato Brandimarte,
Che facea prova sì meravigliosa,
Che contar non lo può libro, nè carte.
Tutta la sua persona è sanguinosa;
Mena a due mane quel brando tagliente,2
Chi parte al ciglio, e chi perfino al dente.
A lui se driccia il smisurato Argante
Sopra a un destrier terribile e grandissimo,
E ferì il scudo a Brandimarte avante.
Ma lui tanto era ardito e potentissimo,
Che nulla cura de l’alto gigante,
Benchè sia nominato per fortissimo,
Ma con la spada in mano a lui s’affronta;
Ogni lor colpo ben Turpin raconta.
Ma io lascio de dirli nel presente:
Pensati che ciascun forte se adopra.
Ora tornamo a dir de l’altra gente;
Benchè la terra de morti se copra,
Quelle gran schiere non sceman nïente.3
Par che lo inferno li mandi di sopra,
Da poi che sono occisi, un’altra volta,
Tanto nel campo vien la gente folta.
- ↑ T. e Ml. Che per nome e.
- ↑ Ml. il brando.
- ↑ Mr. scema.