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orlando innamorato |
[St. 7-10] |
Grosso era il fiume al mezo dello arcione,
De sassi pieno, oscuro e roïnoso.1
Mena il centauro spesso del bastone,
Ma poco noce al baron valoroso,
Che gioca di Fusberta a tal ragione
Che tutto quello ha fatto sanguinoso;
Tagliato ha il scudo il cavalliero ardito,
E già da trenta parte l’ha ferito.
Esce del fiume quello insanguinato,
Ranaldo insieme con Fusberta in mano;
Nè se fu da lui molto dilungato,
Che gionto l’ebbe quel destrier soprano;
Quivi lo occise sopra al verde prato.
Or sta pensoso il sir de Montealbano,
Non sa che far, nè in qual parte se vada:
Persa ha la dama, guida de sua strada.2
A sè d’intorno la selva guardava,
E sua grandezza non puotea stimare;
La speranza de uscirne gli mancava,
E quasi adrieto volea ritornare;
Ma tanto ne la mente desïava
Da quello incanto il conte Orlando trare,
Che sua ventura destina finire,
O questa impresa seguendo, morire.3
Ver Tramontana prende la sua via,
Dove il guidava prima la donzella;
Ed ecco ad una fonte li apparia
Un cavalliero armato in su la sella.
Or Turpin lascia questa diceria,
E torna a raccontar l’alta novella
Del re Agricane, quel tartaro forte,
Che è chiuso in Albracà dentro alle porte.
- ↑ P. e scuro.
- ↑ P. Perso.
- ↑ Mr. sequendo.