[St. 3-6] |
libro i. canto xiv |
253 |
Ma poi che ha preso in man la ricca briglia
Di quel destrier che al corso non ha pare,1
De esser portato da il vento asimiglia:
A lui par proprio di dover volare.
Mai non fu vista una tal meraviglia;
Tanto con l’occhio non se può guardare
Per la pianura, per monte e per valle,
Quanto il destrier se il lascia dalle spalle.
E non rompeva l’erba tenerina,
Tanto ne andava la bestia legiera;
E sopra alla rugiada matutina2
Veder non puossi se passato vi era.
Così, correndo con quella roina,
Gionse Ranaldo sopra una rivera,
Ed allo entrar de l’acqua, a ponto a ponto,
Vede il centauro sopra al fiume gionto.
Quel maledetto già non l’aspettava,
Ma, via fuggendo, nequitosamente
La bella dama nel fiume gettava:
Giù ne la porta il fiumicel corrente.3
Che di lei fosse, e dove ella arivava,
Poi lo odirete nel canto presente;
Ora il centauro a quel baron se volta,
Poi che di groppa se ha la dama tolta;4
E cominciorno a l’acqua la battaglia,5
Con fiero assalto, dispietato e crudo;
Vero è che il bon Ranaldo ha piastra e maglia,
E quel centauro è tutto quanto nudo:
Ma tanto è destro e mastro de scrimaglia,
Che coperto se tien tutto col scudo;
E il destrier del segnor de Montealbano
Corrente è assai, ma mal presto alla mano.
- ↑ P. al mondo.
- ↑ Mr. rogiada.
- ↑ Ml. il fiume al; P. quell’acqua.
- ↑ Mr. groppo.
- ↑ Ml. e Mr. comincione.