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242 orlando innamorato [St. 19-22]

         Su vola spesso, e giù torna a ferire;
     Ranaldo non lo puote indovinare,1
     Che una sol volta lo possa colpire.
     Stava la donna la pugna a guardare,
     E di paura se credea morire,
     Non già di sè, che non gli avia a pensare,
     Nè de esser quivi lei se ricordava:
     Del baron teme, e sol per lui pregava.

         Per la notte vicina il giorno oscura,
     E la battaglia ancora pur durava.
     Di questo sol Ranaldo avea paura:
     De non veder la bestia che volava;
     Onde per trarne fin pone ogni cura,
     Ogni partito in l’animo pensava;
     Al fin non trova quel che debba fare,
     Poi che per l’aria lui non puote andare.

         Alfin su il prato tutto se distende
     Giù riversato, come fusse morto;
     Quello uccellaccio subito discende,
     Chè non si fu di tale inganno accorto,
     Ed a traverso con le branche il prende.
     Stava Ranaldo in su lo aviso scorto;
     Non fu sì presto da l’uccel gremito,2
     Che menò il brando il cavalliero ardito.

         Proprio sopra alla spalla il colpo serra,3
     E’ nervi e l’osso Fusberta fraccassa;4
     Di netto una ala li mandò per terra,
     Ma per questo la fiera già nol lassa.
     Con ambedue le grife il petto afferra,5
     E sbergo e maglia e piastra tutte passa:
     E l’uno e l’altro ungion strenge sì forte,
     Che pare a quel baron sentir la morte.

  1. T. e Ml. la.
  2. T., Ml. e Mr. presto quello u.
  3. Mr. e Ml. fera: P. ferra.
  4. P. ossa.
  5. P. griffe.