[St. 7-10] |
libro i. canto xiii |
239 |
Ranaldo alla battaglia se appresenta
Con grande aviso e con molto riguardo;
Nè crediati però che il se spaventa,
Perchè vada sospeso, a passo tardo.
L’alto gigante nel core argumenta
Che questo sia un baron molto gagliardo;
Lui scorgìa ben ciascun, se è vile o forte,
Chè a più de mille avea data la morte;
E tutto il campo intorno biancheggiava
De ossi de morti dal gigante occisi.
Or la battaglia dura incominciava:
Preso è il vantaggio e li apensati avisi.1
Ma colpi roïnosi se menava:
Non avea alcun di lor festa, nè risi;
Anci cognoscon ben, senza fallire,
Che l’uno o l’altro qui convien morire.
Il primo feritor fo il bon Ranaldo,
E gionse a quel gigante in su la testa.
Ma egli avea uno elmo tanto forte e saldo,2
Che nulla quel gran colpo lo molesta.
Ora esso di superbia e de ira caldo
Mena il bastone in furia con tempesta;
Ranaldo al colpo riparò col scuto:3
Tutto il fraccassa quel gigante arguto.
Ma non li fece per questo altro male;
Ranaldo colpì lui con gran valore
De una ferita ben cruda e mortale,
Che fo nel fianco, assai vicina al core.
Subitamente par che metti l’ale;
Rimena l’altra con più gran furore,
Rompe di ponta quella forte maglia,
Sino alle rene passa la anguinaglia.
- ↑ T. Perso; P. omm. è.
- ↑ P. omm. Ma.
- ↑ P. il colpo.