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236 orlando innamorato [St. 87-90]

         Prasildo ne fie’ molta resistenza,[1]
     Ma mal se può disdir quel che se vole;
     E benchè ciascun stesse in continenza,
     Come tra duo cortesi usar se suole,
     Pur stette fermo Iroldo alla sua intenza
     Sino alla fine, ed in poche parole
     Lascia a Prasildo la dama piacente;
     Lui de quindi se parte incontinente.

         Di Babilonia se volse partire,
     Per non tornarvi mai nella sua vita.
     Da poi Tisbina se ebbe a resentire,
     La cosa seppe, sì come era gita;
     E benchè ne sentisse gran martìre,
     E fosse alcuna volta tramortita,
     Pur cognoscendo che quello era gito
     Nè vi è remedio, prese altro partito.

         Ciascuna dama è molle e tenerina
     Così del corpo come della mente,
     E simigliante della fresca brina,
     Che non aspetta il caldo al sol lucente.
     Tutte siàn fatte come fu Tisbina,[2]
     Che non volse battaglia per nïente,
     Ma al primo assalto subito se rese,
     E per marito il bel Prasildo prese.

         Parlava la donzella tutta fiata,
     Quando davanti a lor nel bosco folto
     Odirno una alta voce e smisurata.[3]
     La damigella sbigotita è in volto,[4]
     Benchè Ranaldo l’abbia confortata....
     Or questo canto è stato lungo molto;
     Ma a cui dispiace la sua quantitate,
     Lasci una parte, e legga la mitate.

  1. P. Pr. fece.
  2. T. son; P. siam.
  3. P. omm. e.
  4. Ml., Mr. e P. nel v.