[St. 83-86] |
libro i. canto xii |
235 |
E ciò te dico, perchè stamatina
Me fo veneno occulto dimandato
Per una cameriera de Tisbina.
Or poco avanti me fu racontato
Che qua ne venne a te la mala spina.
Io tutto il fatto ho bene indivinato;
Per te lo tolse, e tu da lei ti guarda:1
Lasciale tutte, che il mal fuoco l’arda.2
Ma non sospicar già per questa volta,
Chè in veritade io non gli diè veneno:3
E se quella bevanda forse hai tolta,4
Dormirai da cinque ore, o poco meno.
Così quella malvaggia sia sepolta,
Con tutte l’altre de che il mondo è pieno!
Dico le triste, chè in questa citate
Una vi è bona, e cento scelerate.
Quando Prasildo intende le parole,
Par che se avivi il tramortito cuore.
Come dopo la pioggia le vïole
Se abatteno, e la rosa e il bianco fiore;5
Poi, quando al cel sereno appare il sole,
Apron le foglie, e torna il bel colore:6
Così Prasildo alla lieta novella
Dentro se allegra e nel viso se abella.
Poi che ebbe assai quel vecchio ringraziato,
A casa de Tisbina se ne andava;
E, ritrovando Iroldo disperato,
Sì come stava il fatto li contava.
Ora pensati se costui fu grato!
Colei che più che la sua vita amava,
Vuol che nel tutto de Prasildo sia,
Per render merto a sua gran cortesia.
- ↑ Mr. omm. tu.
- ↑ T., Ml. o Mr. larda.
- ↑ P. verità non le dìedi.
- ↑ P. hai forse.
- ↑ T., Ml. o Mr. abattino; P. abbattono.
- ↑ T. o Ml. Apren