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234 orlando innamorato [St. 79-82]

         Così quel dispietato avrà solaccio,1
     Che è tant’amaro e noi chiamiamo Amore.
     Prèndeti oggi piacer del mio gran straccio;
     Vien, sàziati, crudel, del mio dolore!
     Ma al tuo mal grato io ne uscirò d’impaccio
     Chè aver non posso un partito peggiore,
     E minor pene assai son nello inferno
     Che nel tuo falso regno e mal governo.

         Mentre che se lamenta quel barone,
     Eccoti quivi un medico arivare.
     Dimanda di Prasildo quel vecchione,
     Ma non ardisce alcuno ad esso entrare.
     Diceva il vecchio: Io, stretto da cagione,
     Ad ogni modo li voglio parlare;
     Ed altramente, io vi ragiono scorto,
     Il segnor vostro questa sera è morto.

         Il camarier, che intese il caso grave,
     Di entrar dentro alla zambra prese ardire,
     (Questo teneva sempre un’altra chiave,
     Ed a sua posta puotea entrare e uscire);
     E da Prasildo con parlar soave
     Impetra che quel vecchio voglia odire.
     Benchè ne fece molta resistenza,
     Pur lo condusse nella sua presenza.

         Disse il medico a lui: Caro segnore,
     Sempremai te aggio amato e reverito;2
     Ora ho molto sospetto, anzi timore
     Che tu non sia crudelmente tradito;
     Però che zelosia, sdegno ed amore,
     E de una dama il mobile appetito,
     Chè è raro a tutte il senno naturale,3
     Possono indurre ad ogni extremo male.

  1. T., Ml. e Mr. hauria.
  2. Ml. e Mr. te ho; P. t’ho.
  3. T., MI e Mr. Che raro.