[St. 11-14] |
libro i. canto xii |
217 |
E’ correnti cavalli, e’ cani arditi,
De che molto piacer prender suolia,
Li sono al tutto del pensier fuggiti.
Or se diletta in dolce compagnia;
Spesso festeggia e fa molti conviti,
Versi compone e canta in melodia;
Giostra sovente, ed entra in torniamenti
Con gran destrieri e ricchi paramenti.
E benchè pria cortese fosse assai,
Ora è cento per un multiplicato;
Chè la virtude cresce sempre mai,
Che se ritrova in l’omo inamorato:
E nella vita mia già non trovai
Un ben che per amor sia rio tornato;
Ma Prasildo, che è tanto d’amor preso,
Sopra a quel che se stima, fo corteso.1
Egli ha trovato una sua messagiera,
Che avea molta amicizia con Tisbina,
Che la combatte e il mattino e la sera,
Nè per una repulsa se rafina.
Ma poco viene a dir, chè quella altiera
A preghi nè a pietade mai se inchina;
Perchè sempre interviene in veritate
Che la alterezza è gionta con beltate.
Quante volte li disse: O bella dama,
Cognosci l’ora della tua ventura,
Dapoi che un tal baron più che sè te ama,
Chè non ha il cel più vaga creatura.
Forse anco avrai di questo tempo brama,
Chè il felice destin sempre non dura;
Prendi diletto, mentre sei su il verde,
Chè lo avuto piacer mai non se perde.
- ↑ P. che tanto d’ mor prese, Sopra..... fu cortese.