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[St. 3-6] | libro i. canto xii | 215 |
La dama andava alquanto spaventata,
Per la temenza che avea del suo onore;
Ma poi che tutto il giorno ha cavalcata,
Nè mai Ranaldo ragionò de amore,
Alquanto nel parlar rasicurata,
Disse a lui: Cavallier pien di valore,
Or entrar nella selva si conviene,[1]
Che cento leghe di traverso tiene.
Acciò che men te incresca il caminare
Per questa selva orribile e deserta,
Una novella te voglio contare,
Che intravenne, et è ben cosa certa.[2]
In Babilonia potrai arivare,
Dove la istoria manifesta è aperta;
Però (quel ch’io ti narro è veritade)[3]
Fu fatto dentro da quella citade.[4]
Un cavallier, che Iroldo era chiamato,
Ebbe una dama nomata Tisbina;
Ed era lui da questa tanto amato,
Quanto Tristan da Isotta la regina.
Esso era ancor di lei inamorato,
Che sempre, dalla sera alla mattina,
E dal nascente giorno a notte oscura,
Sol di lei pensa, e de altro non ha cura.
Vicino ad essi un barone abitava,
Di Babilonia stimato il maggiore;
E certamente ciò ben meritava,
Che è di cortesia pieno e di valore.
Molta ricchezza, de che egli abondava,
Dispendea tutta quanta in farsi onore;
Piacevol nelle feste, in l’arme fiero,[5]
Leggiadro amante e franco cavalliero.
La dama andava alquanto spaventata,
Per la temenza che avea del suo onore;
Ma poi che tutto il giorno ha cavalcata,
Nè mai Ranaldo ragionò de amore,
Alquanto nel parlar rasicurata,
Disse a lui: Cavallier pien di valore,
Or entrar nella selva si conviene,[6]
Che cento leghe di traverso tiene.
Acciò che men te incresca il caminare
Per questa selva orribile e deserta,
Una novella te voglio contare,
Che intravenne, et è ben cosa certa.[7]
In Babilonia potrai arivare,
Dove la istoria manifesta è aperta;
Però (quel ch’io ti narro è veritade)[8]
Fu fatto dentro da quella citade.[9]
Un cavallier, che Iroldo era chiamato,
Ebbe una dama nomata Tisbina;
Ed era lui da questa tanto amato,
Quanto Tristan da Isotta la regina.
Esso era ancor di lei inamorato,
Che sempre, dalla sera alla mattina,
E dal nascente giorno a notte oscura,
Sol di lei pensa, e de altro non ha cura.
Vicino ad essi un barone abitava,
Di Babilonia stimato il maggiore;
E certamente ciò ben meritava,
Che è di cortesia pieno e di valore.
Molta ricchezza, de che egli abondava,
Dispendea tutta quanta in farsi onore;
Piacevol nelle feste, in l’arme fiero,[10]
Leggiadro amante e franco cavalliero.