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206 orlando innamorato [St. 23-26]

        Era Agricane assai di fama caldo:
     Subito smonta alla verde campagna;
     A un conte dà il destrier del bon Ranaldo,
     Chè già non vol che altrui quel se guadagna.
     Ben colse il tempo Trufaldin ribaldo:
     Volta la briglia, e mena le calcagna;
     E prima che Agrican sia rimontato,
     Lui tra sua gente è già remescolato.1

        Or si riversa tutta la battaglia
     Verso la terra, e fuggono e Circassi.
     Quei di Baldache, la brutta canaglia,
     Fuggono e furïan dolenti e lassi,2
     Giettan per terra lancie e scudi e maglia,
     E gettan le saette con turcassi.
     Non vi è chi contra a’ Tartari risponde:
     Fuggono i Turchi e quei di Trebisonde.

        E già son gionti ove il fosso confina
     Sotto alla terra, che è cotanto forte.
     Là gioso ogni om se getta con roina,
     Chè il ponte è alciato, e chiuse son le porte.
     Che debbe fare Angelica meschina,
     Che vede le sue gente tutte morte?
     Apre la porta e il ponte fa callare,3
     Chè già soletta lei non vôl campare.

        Come la porta in quel ponte se apria,
     Sia maledetto chi adrieto rimane.
     La gente tartaresca che seguia,
     È mescolata con loro alle mane.
     Or la porta gataia giù cadia,
     E restò dentro il forte re Agricane;
     Trecento cavallier de sue masnate
     Fôr con lui chiusi dentro alla citate.

  1. P. Ei.
  2. T. e surian; Ml. e forian, P. Fuggieno a furia quei.
  3. T., Ml. e Mr. le porte.