[St. 35-38] |
libro i. canto x |
195 |
Io non scio dir, Segnor, se quel destriero,
Per aver perso il suo primo patrone,
Non era tra’ Pagan più tanto fiero;
O che lo essere in strana regïone
Gli tolse del fuggire ogni pensiero;
Ma prender se lasciò come un castrone:
Senza contesa il potente Agricane
Ebbe il caval fatato in le sue mane.
Or preso è Astolfo e perduto Baiardo,1
E il ricco arnese e la lancia dorata;2
In Albraca non è baron gagliardo
Che ardisca uscir di quella alcuna fiata.
Sopra le mura stan con gran riguardo,
Col ponte alciato e la porta serrata;
E mentre che così stanno a guardare,
Vedeno un giorno gran gente arivare.
Se volete saper che gente sia
Questa che gionge con tanto romore,
Questo è quel gran segnor di Circasia,
Re Sacripante, lo animoso core;
Ed ha seco infinita compagnia:
Sette re sono, ed uno imperatore,
Che vengon la donzella ad aiutare;
Il nome de ciascun vi vo’ contare.
Il primo che è davanti, è cristïano,3
Benchè macchiato è forte de eresia:
Re de Ermenia, ed ha nome Varano,
Che è de ardir pieno e d’alta vigoria.
Sotto sua insegna trenta millia vano,4
Che tutti al saettare han maestria:
E l’altro, che a la schiera sua seconda,5
È l’alto imperator de Tribisonda,
- ↑ Ml. e P. perduto è.
- ↑ P. Omm. E.
- ↑ P. pur cristiano.
- ↑ P. Trenta mila ha con seco su quel piano.
- ↑ T. e Mr. ha la.