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[St. 43-46] libro i. canto viii 159

        Ma non fo questa cosa così presta,
     Che, come io fui partita dal castello,
     La cruda Stella, menando gran festa,
     A Marchin va davanti in viso fello,
     E li appresenta l’una e l’altra testa
     De’ figli, ch’io servai dentro a un piatello.
     Benchè per morte ciascuna era trista,
     Pur li cognobbe ’l patre in prima vista.

        La damisella aveva il crin disciolto,
     La faccia altiera e la mente sicura,
     Ed a lui disse: L’uno e l’altro volto
     Son de’ toi figli: dàgli sepoltura.
     Il resto hai tu nel tuo ventre sepolto;
     Tu il divorasti: non aver più cura.
     Ora ha gran pena il falso traditore,
     Chè crudeltà combatte con amore.

        Lo oltraggio ismisurato ben lo invita
     A far di quella dama crudo strazio;
     Da l’altra parte la faccia fiorita
     E lo afocato amor gli dava impazio.1
     Delibra vendicarse alla finita:
     Ma qual vendetta lo potria far sazio?
     Chè, pensando al suo oltraggio, in veritade
     Non v’era pena di tal crudeltade.

        Il corpo di Grifon fece portare,
     Che, così occiso, ancor giacea nel piano;
     Fece la dama a quel corpo legare,
     Viso con viso stretto, e mano a mano:
     Così con lei poi se ebbe a dilettare.
     Or fu piacer giamai tant’inumano?
     Gran puza mena il corpo tutta fiata;
     La damisella a quel stava legata.

  1. T. impaccio.