Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
152 | orlando innamorato | [St. 15-18] |
Trova il naviglio che l’avea portato,
E sopra a quel soletto torna ancora,
Perchè nel mar si serebbe giettato
Più presto che al giardin far più dimora.
Non se parte il naviglio, anzi è acostato,
E questo è la gran doglia che lo acora;
E fa pensier, se non se pô partire,
Giettarse in mare ed al tutto morire.
Ora il naviglio nel mar se alontana,
E con ponente in poppa via camina;
Non lo potria contar la voce umana
Come la nave va con gran ruina.
Ne l’altro giorno una gran selva e strana
Vede, ed a quella il legno se avicina.
Ranaldo al litto di quella dismonta:
Subito un vecchio bianco a lui se afronta.
Forte piangendo quel vecchio dicia:
Deh non me abandonar, franco barone,
Se onor te move di cavalleria,
Che è la diffesa di iusta ragione!
Una donzella, che è figliola mia,
Emme rapita da un falso latrone,
E pur adesso presa se la mena:
Ducento passi non è longe apena.
Mosse pietate quel baron gagliardo:
Benchè sia a piedi, armato con la spada
A seguire il ladron già non fu tardo;
Coperto d’arme corre quella strada.
Come lo vide quel ladron ribaldo,
Lascia la dama, e già non stette a bada;
Pose alla bocca un grandissimo corno:
Par che risuoni l’aria e il cel d’intorno.
22-23. Ml. e Mr. E me; P. E m' è - la mena.... — 25. P. Mosso a pietate.