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[St. 47-50] libro i. canto vii 141

        Dicea Gradasso a lui: Tu dici bene,
     Ma non creder però per quel ben dire
     Di andarne tu, se Baiardo non viene.
     Sia chi si vole, egli è de molto ardire.
     Voi seti qui tutti presi con pene,
     E lui vol meco a battaglia venire.[1]
     Or se ne venga, e sia pur bon guerrero,
     Ch’io son contento; ma mena il destriero.

        Ma s’io guadagno per forza il ronzone,
     Io pur far posso de voi il mio volere,[2]
     Nè son tenuto alla condizïone,
     Se non m’aveti il patto ad ottenere.
     O quanto era turbato il re Carlone!
     Chè, dove il crede libertade avere,
     E stato, e robba, et ogni suo barone,
     Perde ogni cosa; e un paccio ne è cagione.

        Astolfo, come prima apparve il giorno,
     Baiardo ha tutto a pardi copertato;
     Di grosse perle ha l’elmo al cerchio adorno
     Guarnito, e d’ôr la spada al manco lato.
     E tante ricche petre aveva intorno,[3]
     Che a un re de tutto il mondo avria bastato:
     Il scudo è d’oro; e su la coscia avia
     La lancia d’ôr, che fu de l’Argalia.

        Il sole a punto alora si levava,
     Quando lui giunse in su la prataria.
     A gran furore il suo corno sonava,
     E ad alta voce dopo il suon dicia:
     O re Gradasso, se forse te grava
     Provarti solo alla persona mia,
     Mena con teco il gran gigante Alfrera,
     E, se te piace, mille in una schiera.

  1. P. E quel.
  2. Ml. e Mr. Io posso far de voi pur il; P. Io posso far de voi il.
  3. T. e Ml. pietre.