[St. 7-10] |
libro i. canto i |
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Cento cinquanta millia cavallieri
Elesse di sua gente tutta quanta;
Nè questi adoperar facea pensieri,
Perchè lui solo a combatter se avanta
Contra al re1 Carlo et a tutti guerreri
Che son credenti in nostra fede santa;
E lui2 soletto vincere e disfare
Quanto il sol vede e quanto cinge il mare.
Lassiam costoro che a vella se ne vano,3
Che sentirete poi ben la sua gionta;
E ritornamo in Francia a Carlo Mano,
Che e’ soi magni4 baron provede e conta;
Imperò che ogni principe cristiano,
Ogni duca e signore a lui5 se afronta
Per una giostra che aveva ordinata
Allor6 di maggio, alla pasqua rosata.
Erano in corte tutti i paladini
Per onorar quella festa gradita,
E da ogni parte, da tutti7 i confini
Era in Parigi8 una gente infinita.
Eranvi9 ancora molti Saracini,
Perchè corte reale era bandita,
Ed era ciascaduno assigurato,
Che non sia traditore o rinegato.
Per questo era di Spagna molta gente
Venuta quivi con soi baron magni:
Il re Grandonio, faccia di serpente,
E Feraguto da gli occhi griffagni;
Re Balugante, di Carlo parente,
Isolier, Serpentin, che fôr compagni.
Altri vi forno assai di grande afare,
Come alla giostra poi ve avrò a contare.
- ↑ P. a re.
- ↑ P. Ed ei.
- ↑ P. Ma quivi il lascio in cotal pensar vano.
- ↑ P. i magni suoi.
- ↑ T. e Mr. e lui.
- ↑ T. e Ml. Alhor.
- ↑ Ml., Mr. e P. e da tutti.
- ↑ T. Pariggi.
- ↑ Mr. Eravi.