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[St. 39-42] libro i. canto vii 139

        Se io me trovavo della pregion fuora,
     Non era giamai preso il re Carlone:
     Ma ben li ponerò rimedio ancora.
     Il re Gradasso vo’ pigliar pregione;
     E domatina, al tempo de l’aurora,
     Armato e solo io montarò in arcione:
     Stati voi sopra a’ merli alla vedetta.
     Tristo è il Pagan che nel campo me aspetta!

        Di for se allegra quella gente fiera,
     E stanno al re Gradasso tutti intorno.1
     Lui sta nel mezzo con superba ciera,2
     Per prender la citade al novo giorno;
     Per allegrezza perdonò a l’Alfrera.
     Or condutti e’ pregion davanti fôrno:
     Come Gradasso vide Carlo Mano,
     Seco lo assetta e prendelo per mano.

        Ed a lui disse: Savio imperatore,
     Ciascun segnor gentil e valoroso
     La gloria cerca e pascese de onore.3
     Chi attende a far ricchezze, o aver riposo,
     Senza mostrare in prima il suo valore,
     Merta del regno al tutto esser deposo.
     Io, che in Levante mi potea possare,
     Sono in Ponente per fama acquistare.

        Non certamente per acquistar Franza,
     Nè Spagna, nè Alamagna, nè Ungaria:
     Lo effetto ne farà testimonianza.
     A me basta mia antiqua segnoria;
     Equale a me non voglio di possanza.
     Adunque ascolta la sentenzia mia:
     Un giorno integro tu con toi baroni
     Voglio che in campo me siati prigioni;

  1. P. Stanno al gran re.
  2. P. con la faccia altiera.
  3. T. pascesse; Ml. e Mr. pascie se.