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orlando innamorato |
[St. 35-38] |
Sente il Danese la folta arivare:
Giongie Gradasso e Ferragù possente.
Ben vede lui che non può riparare,[1]
Tanto gli ingrossa d’intorno la gente;
Il ponte alle sue spalle fa tagliare.
Giamai non fu un baron tanto valente;
Contra tanti pagan tutto soletto
Diffese un pezo il ponte al lor dispetto.[2]
Intorno li è Gradasso tutta fiata,
E ben comanda che altri non se impaccia.
Sente il Danese la porta serrata:
Ormai più non si cura, e mena l’accia.
Gradasso con la man l’ebbe spezzata;
Dismonta a piedi e ben stretto lo abbraccia.
Grande è il Danese e forte campïone,
Ma pur Gradasso lo porta prigione.
Dentro alla terra non è più barone,
Ed è venuto già la notte scura.
Il popol tutto fa processïone,
Con veste bianche e con la mente pura:[3]
Le chiesie sono aperte e le pregione.
Il giorno aspetta con molta paura;
Nè altro ne resta che, alla porta aperta,
Veder se stesso e sua cità deserta.
Astolfo con quelli altri fo lasciato,
Nè se amentava alcun che ’l fosse vivo;
Perchè, come fu prima impregionato,
Fu detto a pieno che de vita è privo.
Era lui sempre di parlar usato,
E vantatore assai più che non scrivo;
Però, come odì ’l fatto, disse: Ahi lasso!
Ben seppe come io stava il re Gradasso.
- ↑ P. quel.
- ↑ Ml., Mr. e P. a lor.
- ↑ T., Ml. e P. bianca.