[St. 23-26] |
libro i. canto vii |
135 |
Il re Gradasso lo vede venire,
Che l’avea prima in bona opinïone.
Verso di lui se afronta, e prese a dire:
Ahi brutto manigoldo! vil briccone!
Non te vergogni a tal modo fuggire?
Tanto sei grande, e sei tanto poltrone?
Va nel mio paviglion, vituperato!
Fa che più mai io non ti veda armato.
E così detto, tocca la sua alfana;
Al primo scontro riversò Dudone.
Mostra Gradasso forza più che umana:
Ricardo abatte e lo re Salamone.
Movesi la sua gente sericana,
A tutti fa il suo core di dracone;
Di ferro intorno è cinta la sua lanza:1
Mai non fu al mondo sì fatta possanza.
E se fu riscontrato al conte Gano:2
Gionse nel scudo, a petto del falcone;
A gambe aperte lo gittò sul piano.
Da longe ebbe veduto il re Carlone:
Spronagli adosso, con la lancia in mano,
Al primo colpo il getta de l’arcione;
La briglia de Baiardo in mano ha tolta:
Presto le groppe quel destrier rivolta.
Forte cridando, un par de calci mena,
Di sotto dal gienocchio il colse un poco;
La schinera è incantata e grossa e piena,
Pur dentro se piegò gettando foco.
Mai non sentì Gradasso cotal pena:
Tanto ha la doglia, che non trova loco.3
Lascia Baiardo e la briglia abandona:
Dentro a Parigi va la bestia bona.
- ↑ T. lancia.
- ↑ P. E’.
- ↑ P. Tanta.