[St. 55-58] |
libro i. canto vi |
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Ma poi che vede il cel tutto stellato,
E che Ranaldo pur non è apparito,
Credendo certamente esser gabato,
Ritorna al campo tutto invelenito.
Diciam de Ricciardetto adolorato,
Che, poi che vede il giorno esserne gito,1
E che non è tornato il suo germano,
O morto, o preso lo crede certano.
De l’animo che egli è, voi lo pensati;
Ma non lo abatte già tanto il dolore,
Che non abbia i Cristian tutti adunati,
E del suo dipartir conta il tenore;
E quella notte se ne sono andati.
Non ebbeno i Pagani alcun sentore;
Chè ben tre leghe il sir di Montealbano
Dal re Marsilio aloggiava lontano.
Via caminando van senza riposo,
Fin che son gionti di Francia al confino.
Or tornamo a Gradasso furïoso:
Tutta sua gente fa armare al matino.
Marsilio da altra parte è pauroso,
Chè preso è Ferraguto e Serpentino,
Nè vi ha baron che ardisca di star saldo:
Fugirno i Cristïan, perso è Ranaldo.2
Viene lui stesso, con basso visaggio,
Avante al re Gradasso ingenocchione;
De’ Cristïani raconta lo oltraggio,
Che fuggito è Ranaldo, quel giottone.
Esso promette voler fare omaggio,
Tenir il regno come suo barone;3
Ed in poche parole èssi acordato;4
L’un campo e l’altro insieme è mescolato.5
- ↑ Mr. esser
- ↑ T. Fuggitteno, Ml. Fugiti eno.
- ↑ T. e Mr. il suo.
- ↑ Ml.e Mr. e se acordato; P. s’accordaro.
- ↑ P. insieme mescolaro.