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tiranno: nè penano che la forza di portar via ogni cosa a tutti, e di non lasciar nulla che altri possa dir: Questa è mia cosa, gliela danno loro stessi. E’ veggono che le sole facoltà fanno l’uomo segno alla sua crudeltà; che l’aver qualcosa è per lui il solo delitto capitale; ch’e’ non ama se non le ricchezze; non opprime se non i ricchi; e questi da sè da sè vanno dinanzi al beccajo, a farsi vedere così grassi e rifatti, per fargliene venir voglia. Cotali favoriti non dovrebbero aver tanto la memoria a coloro che, stando col tiranno, accumularono di gran possessioni, che non l’avesse pure a coloro i quali, avendo per un po’ di tempo fatto sacco, ci hanno poi rimesso i beni e la vita. Non bisogna pensare quante ricchezze mise insieme Tizio o Cajo, ma quanto poco le conservarono. Si cerchino le storie più antiche, si guardino quelle a memoria nostra, e si vedrà compiutamente, essere infinito il numero di coloro che, acquistato con male arti l’orecchio di qualche principe, e fatta giocare la sua malvagità o abusata la sua semplicità, all’ultimo e’ furono disfatti da lui medesimo; e quanto era stato facile a sollevargli, tanto fu poi incostante nel mantenergli. Ed è vero che tra il gran numero di coloro, i quali mai sono stati attorno a’ cattivi re, ce n’è pochi, per non dir punti, ch’ e’ non abbian provato, o prima o poi, essi medesimi la crudeltà del tiranno che aveano aizzato contro gli altri; ed i più, dopo essersi arricchiti, all’ombra del trono, delle spoglie altrui, hanno poi arricchito altri delle spoglie loro.

Anche persone di garbo, se qualche volta i tiranni si trova che voglian bene ad alcuna, siangli pure in grazia s’e’ sanno, renda splendor quanto vuole la loro