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a domandar loro perchè tanto fieramente fossero avversi al suo re. “Credete, o Spartani, ve lo dico io, il re sa bene onorare coloro che il valgono; e se voi deste retta a lui, egli farebbe l’istesso con voi. Vedete, se e’ potesse avervi e conoscervi, ciascuno di voi sarebbe certamente signore di una città della Grecia„.

E gli Spartani risposero: “Gidarne, qui tu non puoi darci buon consiglio; perchè, è vero che tu hai gustato il ben che prometti, ma tu non conosci però quello onde godiamo noi: tu hai provato il favore del re; ma che sapore abbia la libertà, e quanto essa è dolce, tu non lo sai; se no, tu ci consiglieresti a difenderla anche con l’ugna e co’ denti, non che con iscudo e lancia.„ Il solo Spartano diceva quel che gli stava bene il dire; ma di certo e lui e quell’altro parlavano come dava loro la educazione. Come aveva a fare il Persiano a rimpiangere la libertà, se non l’aveva provata? e lo Spartano a lasciarsi mettere il giogo, essendo sempre stato libero?

Catone Uticense, ancor fanciullo e sotto il pedante, era spesso per casa a Silla dittatore, perchè, essendo della casa che era, non gli si chiudeva porta, e perchè era suo stretto parente. Ci andava sempre col pedante, come era costume de’ figliuoli delle grandi casate; e vedendo che su’ propri suoi occhi, ad un cenno di lui, chi si carcerava, chi si condannava, questi era bandito, quegli strozzato, uno domandava la confisca, un altro la testa di qualche cittadino; alle corte, che ogni cosa andava a modo non come di un ufficiale della città, ma come di un tiranno del popolo; e che ci era non un banco di giustizia, ma una caverna di tirannía, quel