menti innanzi avea voluto veder sua moglie, e con viso lieto quanto più gli era riuscito di contraffarlo, le avea detto che aveva da rammentargli non so che; e parve che si sforzasse a parlare; ma la lena gli fallì, e chiese un po’ di vino per racquistarla. Ma non fu possibile, perchè tosto si svenne, e perse per lungo tempo il vedere. Era già in sul morire, e udendo gemere madamigella de la Boëtie, la chiamò e dissele queste parole: “Idolo mio, tu ti disperi avanti tempo: vuoi tu aver compassione di me? fatti coraggio. Io, vedi, provo più strazio il doppio per il male che mi fai soffrir tu, che per il mio; e sta bene, perchè i mali che proviamo in noi, non gli proviamo veramente noi, ma certi sensi che Dio ha in noi posto; ma quello che proviam per altrui, lo proviamo per un cotal giudizio e discorso di ragione... Ma io me ne vo.” Questo diceva sentendosi mancare il cuore; poi, per paura di aver colpito acerbamente sua moglie, riprese: “Io me ne vo a dormire: buona sera, moglie mia: va un poco di là.” E questo fu l’ultimo addio che le dette. Partita che fu, mi disse: “Fratello, sta qui da me, fammi il piacere.” E poi o sentendo le ferite della morte più profonde e più acerbe, o che fosse la forza di qualche medicina eccitante fattagli prendere, mise fuori una voce più chiara e più forte, e si rivoltava con molta forza per il letto; tanto che cominciammo tutti a ripigliare un po’ di quella speranza che innanzi la sola debolezza aveaci fatto perdere. Allora tra l’altre cose si mise a pregarmi e ripregarmi amorosamente che