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del signor montaigne 19

multum debeas et plurimum velle debere. Dopo mezzo giorno gli venne a far visita il signor di Belot; e prendendogli la mano, gli disse: “Mio buon amico, mi son trovato anch’io sul punto di pagar il mio debito; ma trovai un creditore che me lo condonò.” Poco appresso, come riscotendosi tutto sossopra: “Bene, bene; la venga quando le pare: ho vissuto abbastanza: vo’ morire, e l’aspetto anche subito sicuro, ed a piè fermo.” Tali parole le disse due o tre volte nel corso della sua malattia. Poi, siccome gli si aprì un poco la bocca per fargli prender qualcosa; volgendo il parlare al signor di Belot disse: An vivere tanti est? Verso sera cominciò proprio a buono a tirare gli ultimi tratti; e come io immaginavo, mi fece chiamare che non era più se non l’ombra di uomo (come diceva egli stesso: Non homo, sed species hominis), e mi disse con molto stento: “Fratel mio, mio amico, Dio volesse che delle immaginazioni che mi son passate per il capo, io ne vedessi il fatto.” Aspettate un pezzettino, che non parlava più, e metteva pietosissimi sospiri per isforzarsene, dacchè la lingua avea già cominciato a negargli il suo ultimo ufficio: “E quali sono, fratel mio?” gli domandai. “Grandi, grandi,” rispose. Ed io: “Non c’è stata mai una volta che tu non mi abbia onorato di mettermi a parte di tutte quelle che ti passarono per la mente, potresti darmi ancora questa consolazione?” “Con tutto il cuore, fratel mio, rispose egli, ma non posso. Sono mirabili, infinite, ineffabili.” Restammo qui; che egli non ne poteva più. Pochi mo-