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del signor montaigne 13

ricco e di accomodarmi l’uova nel paniere. Io, a buon conto, son certo che di là vo a trovare Dio e il soggiorno de’ beati”. E perchè mi si vedeva in viso l’accoramento che aveva nell’ascoltarlo: “Come! fratel mio, egli disse, mi vuoi far venir paura? O a chi starebbe a tormela via, se mai l’avessi? Non istarebbe a te?”

A bujo, venne il notaro che era stato chiamato a rogarsi del testamento: io feci distendere l’atto, e poi gli feci dire se voleva firmarlo: “Firmarlo no, rispose; lo vo’ far tutto da me. Ma vorrei un po’ di quiete, perchè ora mi sento troppo aggravato, e così debole che non ne posso più”. Io allora lasciavo andare; ma egli a un tratto si ripentì, e mi disse che la morte non aspetta i nostri comodi; e volle ch’io sentissi se il notaro avea la mano lesta, perchè egli detterebbe senza interrompersi. Chiamai il notaro, ed egli dettò senza metter tempo in mezzo così spedito il suo testamento, che era un impiccio andargli dietro. Finito ch’ei l’ebbe, mi pregò di leggerlo, e intanto mi disse: “Ecco bella cosa son le ricchezze; e proprio da affannarcisi attorno! Sunt hæc quaœ hominibus vocantur bona.” Firmato il testamento, ed essendo la camera piena di gente, mi domandò se il parlare gli faceva male: dissi di no, se avesse parlato sotto voce. Allora e’ fece chiamare la sua nipote, madamigella di San Quintino, e le disse: “Cara nipote, dal punto che ti conobbi mi è parso di veder rilucere in te de’ lampi di buona indole; ma queste ultime cure che tu mi presti con sì