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8 | lettera |
amicissimamente; e che non potranno consolarci, ne son certo, della mia perdita, la qual davvero è grandissima per loro e per te. Io penso anche al dolore che ne avranno parecchi galantuomini, i quali mi volevano bene e mi stimavano mentre vissi, la conversazione de’ quali, se stesse a me, vorrei non perderla ancora. Anzi, se io me ne vado, fratel mio, tu che gli conosci, ti prego di far ad essi testimonianza del bene che ho loro voluto fino all’ultimo fiato. E forse, vedi, io non ero così inutile, ch’i’ non potessi render qualche servigio al paese: ma in ogni modo eccomi disposto ad andarmene quando piacerà al Signore, certo come sono di godere la beatitudine che mi annunziate. Tu poi, amico mio, io ti conosco sì savio che, senza dubbio, per quanto interesse tu ci abbia, ti acconcerai pazientemente e di buona voglia al decreto della maestà divina; e ti prego di badar bene che il dolore di perdermi non ispinga quel buon uomo e quella buona donna oltre i confini della ragione”. E qui domandò come già si contenevano. “Bene assai, per la gravità della cosa” risposi: “Sì sì, e’ riprese, per ora che c’è sempre un po’ di speranza. Ma quando non ce ne sarà più, tu vedrai, fratel mio, quanto ti ci vorrà a contenerli”. Per questo, finchè ebbe fiato, celò sempre loro la certezza ch’egli avea di morire, e pregava anche me di fare altrettanto. Quando se gli vedeva dattorno, mostravasi più liete nel viso, e dava loro dolcissime speranze.
Qui io lo lasciai per andare a chiamargli: essi compe-