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Già il resto a soggiogar del Mondo intero,
E già l’ultimo Oriente è nostro ancora.
La pena avrai dovuta, o Parto audace,
E voi godete, ombre de’ Crassi estinti,
E con voi godan le romane insegne
Di barbarica destra a ragion schive.
Ecco il vindice vostro, ognun l’acclama
Invitto Duce nelle schiere prime;
Giovin sostiene perigliose guerre.
Quasi invecchiato fra le stragi e l’armi.
Deh non vogliate, o timidi, il valore
Dagli anni loro argomentar de’Numi;
E la virtù ne’ Cesari precoce.
Degli anni suoi più assai rapido sorge
Celeste ingegno, e mal tollera l’onte
D’una pigra dimora. Era bambino 1
Ercole allor che i due serpenti oppresse.
Ed era in fasce pur degno di Giove.
O Bacco, o tu che ancor fanciullo sei,2

  1. Essendosi Giove innamorato perdutamente d’Alcmena, si presentò a lei vestito delle sembianze d’Anfitrione suo marito, quando questi trovavasi alla guerra di Tebe. Da Giove e da Alcmena nacque Ercole, che fu allevato in Tirinta Città in Morea vicina ad Argo, e però fu detto Tirinzio. Intenta per ciò la gelosa Giunone a vendicarsi dell’infedeltà di Giove, suscitò contro d’Ercole due serpenti; ma egli li uccise valorosamente, benché fosse di tenera età.
  2. Bacco armato d’una lung’asta, e seguito da un esercito d’Uomini e di Donne, corse intrepido nell’Oriente, e soggiogò que’ paesi che allor tutti si comprendevano sotto il nome d’India. Essendo quell’asta così acuta, che imitava la conica figura del Pino, fu detta dagli antichi Poeti il Tirso, giacchè Thirza in lingua ebraica null’altro significa, se non se un ramo di Pino. Intrecciavano le Baccanti sul tirso l’uve e i pampini con l’edera, perchè Bacco insegnò agli