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RAGGUAGLIO XII

Mentre alcuni poeti facevano un parallelo tra la grandezza di Roma e quella di Napoli, essendo tra essi nata una pericolosissima quistione, Apollo, acciò i suoi virtuosi in materia tanto importante sapessero come dovevano parlare e credere, commette la causa alla Rota di Parnaso; la quale con una magistral decisione la decide.

Scrivono di Pindo con lettere de’ diece del corrente che da alcuni poeti sotto il portico peripatetico ragionandosi della grandezza della cittá di Roma in comparazione di Napoli, che Luigi Tansillo si lasciò uscir di bocca che maggiori erano i borghi di Napoli che Roma tutta: alla qual petulante bugia contradicendo, il Caro diede al Tansillo una mentita poetica; e che per cosi fatta ingiuria molto essendosi alterati i virtuosi della nobilissima Partenope, fecero impeto contra il Caro: il quale da’ poeti marchigiani della sua nazione essendo stato soccorso, da amendue le parti si pose mano alle rime proibite e fino a’ taglienti sonetti con la coda; co’ quali erano per far un molto sanguinolente fatto d’arme, quando il pretor urbano, che subito fu avvisato del rumore, volando spedi a quella volta il Muzio iustinopolitano^ il quale non solo fece subito quietare il rumore, ma da amendue le parti pigliò parola di non offendersi; e percioché per somigliante cagione altre volte hanno i letterati pigliate le armi e con esse fatte sanguinolenti risse, Apollo, affine che ognuno sapesse come nel fatto di queste due grandissime cittadi per l’avvenire deveva parlare e credere, per un suo rescritto commise la causa alla Rota di Parnaso, alla quale, comandò che quanto prima disputasse la materia, e che sopra vi formasse la decisione. Onde piú volte avendo le parti informata essa Rota, tre giorni sono fu pubblicata la seguente decisione: « Corani reverendo patre domiíio Cino, die X. maij, 1612. Domini unanimes tenuerunt » che per maestá di cittá Napoli eternamente dovesse cedere a Roma, e Roma a Napoli per delizia di sito. Che Roma dovesse confessare che in Napoli erano piú genti»