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RAGGUAGLI DI PARNASO 283.

si attendesse a proibire le virtuose invenzioni de’ poeti: cosa degna di tanto maggior considerazione, quanto, dai poemi levandosi le invenzioni delle cose favolose, si toglieva loro l’anima stessa; e che i poeti, obbedientissimi ad ogni cenno di Sua Maestá, di buonissimo animo si sarebbono sottoposti alla rigorositá di quell’editto, quando egli fosse stato universale; e che molto noto ad ognuno era che infinite cose e con encomi di molta riputazione da’ migliori letterati di Parnaso si nominavano per vere, che pur non sí trovavano tra gli uomini; e che ’1 dechiararle e pubblicarle false cosa altrettanto grata quanto utile sarebbe stata al genere umano. Al Sannazzaro rispose il pretore che liberamente propalasse quali erano quelle cose che con ammirazione per vere si nominavano in Parnaso, che poi erano favolose; perché Apollo, appresso il quale non si dava eccezione di persona, le averebbe fatte comprendere nell’editto. Disse allora il Sannazzaro: — Gli uomini non interessati, le persone che piú amino le pubbliche commoditadi che i privati interessi, gli officiali che non sieno schiavi delle loro passioni, i prencipi liberi dall’ambizione di soverchiamente bramar le cose altrui, pubblicamente non si dice che a migliaia ne vivono nel mondo? E pur, piú che ad ogni altro, alla Maestá di Apollo è noto se nell’Egitto, nelle Arabie o in altra parte della terra si truovino cosi fatte fenici. — Che però anco queste chimere inserisse Sua Maestá nell’editto; che, essendo la legge universale, i poeti non avrebbono avuta giusta cagione di dolersi. Dopo queste parole il pretore si presentò subito avanti Apollo, al quale fece saper la domanda fatta dal Sannazzaro. Dal medesimo pretore si è risaputo che per l’istanza del Sannazzaro tanto rimase Apollo maravigliato, che al pretore disse queste formali parole: — Ora m’avveggio che le querele de’ poeti sono giuste, e che l’editto mio non è universale; però senza indugio alcuno rivocatelo, che piú tosto voglio fare a me questo poco onore di mostrare a’ miei letterati df aver con poca considerazione proceduto alla pubblicazione dell’editto, che bruttamente svergognare il genere umano con far saper alle genti che gli uomini assolutamente disinteressati sono favolosi.