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RAGGUAGLIO LXXXII

I popoli dell’Arcadia per alcuni nuovi dazi pubblicamente essendosi sollevati contro il prencipe loro, egli, con dar in poter loro l’arcigogolante che glieli aveva persuasi, accortamente li quieta.

Il prencipe dell’Arcadia, signore da’ suoi popoli molto amato e riverito, da uno scelerato arcigogolante alcuni mesi sono si lasciò persuadere d’imporre a’ suoi sudditi alcune nuove gabelle; e accadde che i popoli, dopo l’essersi piú volte col prencipe loro acerbamente querelati contro quell’arcigogolante, e fatto instanza che come uomo perniziosissimo dal suo Stato fosse cacciato, e che le gabelle, per conseglio di lui imposte, si annullassero, accortisi che le preghiere erano senza frutto, e che nella riverenza che essi portavano al prencipe loro gli strapazzi degl’ingordi riscuotitori crescevano, come sempre accader suole quando i superiori mostrano di poca stima fare delle querele e di poco prezzare i richiami de’ popoli, la loro pacienza vinta si converti in tal furore, che, avendo tutti pigliate le armi e pubblicamente essendosi ribellati, co’ disordini determinarono di por rimedio agl’inconvenienti. Onde in quel furore i riscuotitori dei nuovi dazi furono prima maltrattati, e appresso, il fuoco degli sdegni popolari avendo levata fiamma grande di sedizione, assediarono il prencipe nella ròcca, ove egli per maggior sua sicurezza poco prima si era ritirato; né di tanta insolenza contentandosi, la plebe infuriata mali maggiori minacciava, se tosto non se le dava la soddisfazione che desiderava. Nell’angustia di quei travagli, co’ suoi piú confidenti stava il prencipe consultando quale dei due partiti fosse stato il men vergognoso: o cercar di salvarsi con la fuga, o con l’annullazione delle nuove gabelle disarmare il popolo; quando la nuova di quella sollevazione, e il pensiere che aveva il prencipe di quietar con tanta sua indignitá quei tumulti,.