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RAGGUAGLIO LXXIII

Seneca in una sua villa posta nel territorio di Gnido avendo fatta compra di quantitá grande di polli, qua’ popoli virtuosi vengono in cognizione della vera cagione della novitá di quella incetta.

Poco appresso che, come per le passate fu scritto, reccellentissimo Anneo Seneca da Sua Maestá ottenne l’ immunitá della cattedra delle morali, quell’ingegno eminente per ristorar l’animo suo, ne’ perpetui studii molto consumato, si ritirò in una sua amenissima villa posta nel territorio di Gnido; di dove ultimamente scrivono che letterato tanto segnalato negli stessi primi giorni del suo arrivo fece cosi gran provisione di galline, di galli e di capponi, che quei, che in un suo cortile, dove li teneva tutti, gli avevano veduti, erano di parere che passassero il numero di cinquecento: novitá che agli uomini tutti di Gnido era di somma ammirazione; e che però quegl’ ingegni speculativi, che piú tempo consumano nella vana curiositá di andar speculando i fatti altrui che nella soda sostanza di ben incamminar i propri, avevano fatto giudicio che agli altri difetti, de’ quali pubblicamente era Seneca imputato, avesse aggiunta l’avarizia; e che però quella incetta di polli, tanto indegna di un suo pari, solo facesse per piú caro prezzo rivenderli poi. E avvisano le medesime lettere che altri avessero detto che quell’uomo all’ingordigia, che delle ricchezze ebbe infinita, avesse aggiunto il bruttissimo vizio della gola. Ma, perché con la lunghezza del tempo era stato osservato che Seneca ogni giorno dopo il desinare per tre ore continove si pigliava gusto di star rimirando que’ suoi polli, si era finalmente venuto in chiara cognizione che quel gran filosofo dalle galline, dai galli e da’ capponi aveva imparato il mestiere, nel quale egli non solo ha superato ogni altro scrittore, ma ha avuti seguaci infiniti, di cantar bene e ruspar male»