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RAGGUAGLIO LXVII

Un falegname, per alcune insolenti parole dette al nobilissimo Giulio Cesare Scaligero severamente essendo stato fatto bastonar da lui, con maggior sua calamitá prima ricorre a querelarsi col pretor urbano, e poi a richiamarsi appresso Apollo.

Giulio Cesare Scaligero, famoso letterato veronese, per servigio delia sua libraria da un falegname li giorni passati si fece lavorare alcune bellissime scansie: le quali fornite che furono, non tanto sopra il prezzo di esse, quanto sopra la mala qualitá del lavoro nacque disparere tra loro. E, mentre insieme non si accordavano, il falegname, che piú ardito era di quello che li faceva bisogno (come è usanza degli uomini plebei, che, sempre avvezzi a negociare con soggetti dozzinali, anco quando trattano con persone di considerazione poco consideratamente misurano le parole che dicono), si lasciò uscir di bocca che lo Scaligero l’ordinario difetto aveva de’ nobili suoi pari, di far star forte i poveri artigiani. Questa ingiuria cosi nel vivo punse l’animo dello Scaligero, che incontanente, mostrando di molto soddisfarsi delle scansie e del prezzo di esse, al falegname fece contar il danaro tutto ch’egli chiedeva: il che fatto, li disse s’egli aveva avuta la mercede che desiderava. E perché il falegname rispose ch’egli appieno era contento, li soggionse IoScaligero che solo rimaneva allora ch’egli ancora in quel negocio avesse i suoi gusti, i quali tutti solo consistevano nelr insegnar a parlare ad uno arrogante suo pari: e, questo detto, ad un suo servidore comandò che con un grosso bastone severamente esorcizzasse quel temerario, e che di corpo li cavasse il diavolo grande, ch’egli vi aveva racchiuso, di una bestiai insolenza. E tutto fu subito fatto. Il misero falegname, pessimamente trattato e tutto lordo di sangue, si presentò avanti i!