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RAGGUAGLIO LXVI.

Bernardino Rota, famoso poeta napolitano, da’ letterati di tutte le professioni grandemente vedendosi amato in Parnaso, appresso Apollo vien accusato che tanta uni versai benivoglienza con male arti si abbia acquistata.

Bernardino Rota, nobii poeta napolitano, con gran maraviglia de’ letterati tutti di questa corte, cosi benamato e caramente veduto è da tutto il venerando collegio de’ virtuosi, che con invidioso titolo da ognuno è chiamato « le delizie di Parnaso »; e certa cosa è che miracolo e portento troppo grande par ad ognuno che, tra i greci e i latini, tra gli stessi latini e i virtuosi italiani, tra i medici e i dottori di leggi, tra i filosofi peripatetici e i platonici, tra i grammatici e ogni sorte di virtuoso delle altre prolessioni regnando gare, divisioni e inimicizie piú che capitali, solo il Rota da’ greci, da’ latini, dagl’italiani, da’ medici e da’ dottori di leggi, da’ filosofi peripatetici e da’ platonici, da’ grammatici e da tutti gli altri virtuosi di Parnaso sia giunto al termine di piú tosto esser adorato che amato. E, perché strana cosa par ad ognuno che, se natura tanto amabile procede dalla sola virtú dell’animo, ella non si truovi anco negli altri virtuosi di questo Stato, il solo vedersi nel Rota ha fatto sospettar ad ognuno che quest’uomo, che nell’apparenza fa professione di animo candido e liberissimo, altramente fosse nel suo intrinseco, e che la benivoglienza universale si abbia acquistata col vizio, alle narici di Sua Maestá tanto puzzolente, di mangiar da amendue le ganasse. E però, nel tribunale della Vicaria essendo egli stato inquisito per mariolo, due giorni sono fu fatto prigione: e accadde che, mentre i guardiani delle carceri lo cercavano per veder s’egli portava arme alcuna, nella saccoccia delle calze, involto in una carta, quantitá grande gli trovarono di storace e di incenso. Contro il Rota severissimo processo fu fabbricato