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virtuosi spettatori considerarono che, nel numero quasi infinito di tanti uomini uccisi non vedendosi plebeo alcuno, né altro principal soggetto delle province, ma solo senatori di valor grande, cavalieri di meriti infiniti, vennero in chiara cognizione che le crudeltadi, che dai tiranni che regnarono nell’imperio romano ftirono usate contro i senatori e l’ordine de’ cavalieri, piú furono cagionate dal difetto della nobiltá, che, come gli si conveniva, non avendo saputo conservar con la pace la pubblica libertá, non mai seppe accommodarsi a ricever tutta quella servitú che fa bisogno d’abbracciare sotto la signoria di un uomo solo: anzi, con le spesse congiure, con le continove maledicenze, con la soverchia superbia di voler nella servitú parlar da uomo libero, talmente s’irritarono contro lo sdegno di chi dominava, che crudelissimi macellai li fecero divenir della nobiltá romana. Fornita poi che fu questa util considerazione, quegli sfortunati senatori, che per far grande Cesare e Augusto con le mani loro armate con tanta effusion di sangue dalla patria loro esterminarono la libertá, come forsennati corsero ad abbracciare i figliuoli, i nepoti e i pronepoti loro, che tanto tirannicamente erano stati maltrattati ; ma, da quelli con villaníssime parole essendo scacciati, que’ senatori, piú che mai afflitti: — Avete ben ragione — dissero — di rimirar noi, vostri progenitori, con occhio adirato, e come nemici cacciarne da’ vostri aspetti; perché da queste nostre mani meritamente riconosceste queste vostre ferite: dalla nostra imprudenza la tirannide, la quale tanto vi ha resi miserabili: dalla nostra pazza ambizione, le vostre calamitadii dalle nostre infelicissime gare e deplorande discordie, tutte le immanitadi nelle quali imprudentissimamente vi abbiamo sepolti ; e ora finalmente, quando il pentimento solo giova per far maggiori le nostre afflizioni, con questo vostro miserabilissimo spettacolo chiaramente conosciamo, ninna azione esser piú dolce, ninna consolazione piú soave, niun contento di maggior giubilo, che, per viver nella patria libera in quella pace che eterne mantiene le republiche, scordarsi le ingiurie, perdonar le ofifese, abbracciare il nemico: tutto affine di non capitar, con isfogar ^li odii con la soddisfazione della vendetta, a questi mali passi