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pari, ministro di un re per natura sospettosissimo: col qual sciocco modo di procedere lo pose in quelle gelosie, dalle quali senza la ruina della riputazione di esso Consalvo egli non seppe liberarsi; e che le gelosie di affettar la signoria de’ regni altrui dagli uomini saggi o non si davano o si compivano, mercé che l’esser in questi casi tiepido, altrui sempre riusciva conseglio mortale. Mirabil sdegno le parole di Livio cagionarono in Consalvo, il quale non potette contenersi che non dicesse ch’egli con quella fedeltá aveva servito il suo re, che ad un barone castigliano si conveniva; e che gli artifici di tradir il suo prencipe non erano noti in Spagna, e che tra i baroni della sua nazione onor maggior era riputato ricever da’ suoi re torti, che far loro tradimenti. A queste cose replicò Livio che, se egli cosi ben composto avea l’animo, domandasse il titolo di « uomo dabbene », che favoritamente gli sarebbe stato dato, non quello di « magno », il quale allora averebbe meritato, quando cosa piú gloriosa avesse stimato morir re di Napoli, che confinato in un vilissimo castello di Spagna: solo per aver meritato premio tale, che non con altro guiderdone potea esser contracambiato, che con quella ingratitudine che li fu usata. Allora Consalvo, senza punto portar rispetto a quell’augustissimo luogo nel quale si trovavano soggetti di tanta eminenza, liberamente esclamò che verso lui si procedeva co’ termini di apertissima ingiustizia, poiché, dannandosi in lui la virtú di una costantissima fedeltá, apertamente li facevano sapere che premi maggiori avrebbe ottenuti in Parnaso quando vi fosse capitato pieno di fellonie; e che l’ingratitudine del re Ferdinando non solo non oscurava la sua riputazione, ma che in infinito accresceva le sue glorie, e che la ragion di Stato, la quale agli uomini insegnava il misurar le azioni loro col solo compasso dell’interesse, non col braccio della riputazione, era dottrina che piú si conveniva ai re e ad ogni altro prencipe grande, che a’ capitani suoi pari, ne’ quali gli spergiuri, i tradimenti e le fellonie sempre erano stimate infamie, ove i guadagni de’ regni fatti dai supremi potentati, ancor che i mezzi fossero bruttissimi, molte volte erano chiamati gloriosi acquisti. Con acerbe parole rispose allora Livio a Consalvo che gli