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tale, che la qualitá dell’imperio romano, non meno disordinato nella succession ereditaria che nella sua elezione grandemente tumultuoso, da me quel severo modo di procedere ricercava, il quale solo potette salvarmi la vita e lo Stato. Né so vedere come da alcuno viziosa possa esser giudicata quella crudeltá che esercitai verso la nobiltá romana e i soggetti piú segnalati dell’imperio, se notabil difetto, indegno di un mio pari, sarebbe stato stimato se verso essi avessi usata quella clemenza, quella mansuetudine e quella piacevolezza, che con tanta sua infelicitá praticò Cesare: il fine miserabile del quale ad ogni suo pari chiarissimamente insegna che gli Stati, i quali altri occupa con la fraude, con le straordinarie severitadi si stabiliscono; mercé che della clemenza del prencipe nuovo gli uomini nobili delle republiche soggiogate solo si servono per ottima occasione da opprimerlo con le congiure, né, come parche doverebbe accadere, ella punto vale per ismorzar dal cuor loro la rabbia dell’odio, il desiderio intensissimo e perpetuo e’ hanno di vendicare, anche con ogni loro pericolo, l’ingiuria della libertá occupata. — Molto giustificata a’ giudici parve la difesa di Tiberio; perché non solo per buono ebbero il testamento di Augusto e conseguentemente legittima la successione di Tiberio, ma considerarono ancora che, essendo egli prencipe nuovo non congiunto al sangue di Augusto, e nel senato romano trovandosi molti soggetti per nobiltá di sangue maggiori di lui, secondo i veri termini della tirannica politica, dove quella venerazione e quella maestá li mancava che l’esser nato di sangue reale apporta altrui, era forzato usar la crudeltá, e co’ pugnali e col veleno farsi far largo, e appresso quei rendersi tremendo, i quali, troppo presumendo di loro stessi, la privata nobiltá loro ardivano di paragonare con l’immensa fortuna di colui che regnava; e che dove l’uso della clemenza a’ prencipi nuovi apportava danno, l’esercizio di una anco straordinaria severitá doveva esser stimato virtuoso.