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ragguagli di parnaso | 5 |
che mediocre, piú di quello che si conviene ad un uomo modesto; ma perché, per utili e curiose avendo V. S. illustrissima
approvate queste mie vigilie, mi rendo sicuro che non si troverá
uomo che non sia per stimare atto di somma temeritá l’ardire
di censurarle: prencipe, nel quale l’altezza dell’ingegno, l’esquisitezza del giudicio, la copia di tutte le piú scelte scienze si
vede che sono uguali alla grandezza del sangue, alla ricchezza
del patrimonio col quale Iddio l’ha fatta nascere in questo
mondo, che non solo io, al quale per essere nato servidore
l’affezione può abbagliare il giudicio, ma ognuno che l’ode discorrere sopra qualsivoglia materia piú elegante, talmente di
V. S. illustrissima rimane ammirato, nonché appagato, che a
piena bocca la celebra per uno di quei ben sensati libri vivi, che
in poco tempo fanno dotti quelli che hanno fortuna di sentirli
ragionare. Miracolo altrettanto maggiore, quanto in questi tempi
presenti, ne’ quali la somma felicitá degli uomini vien posta nel
posseder molto, non nel saper assai, il veder un prencipe suo
pari che veramente meriti il nobilissimo titolo di letterato, è
tenuto portento rarissimo, mostro di natura singolare: e pur
V. S. illustrissima fino dalla sua prima fanciullezza cosí sempre
ha sudato per fare acquisto delle virtudi, e cosí vi si affatica
ora, come se queste avessero dovuto essere il suo piú ricco
patrimonio, e ora le acquistassero non solo il vitto, ma la riputazione. Ma, ritornando agl’interessi miei, son forzato palesar
a V. S. illustrissima certo scrupolo che alcuna volta mi nasce
nell’animo, il quale grandemente mi fa dubitare della certezza
dell’esito felice di queste mie fatiche: ed è ch’Ella, di sicurissimo
giudicio nella censura di qualsivoglia sorte di composizione,
facilmente si sia potuta ingannare nelle cose mie. Grande appresso di me è la ragione che cosí m’induce a dubitare, perché
nella lunga pratica ch’io ho di lei, piú volte mi sono avveduto