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4 | ragguagli di parnaso |
applauso, gustato con piacere. Delle cose politiche e morali
seriamente hanno scritto molti begl’ingegni italiani, e bene; con
gli scherzi e con le piacevolezze, niuno, ch’io sappia. Questa
piazza come vota, questa materia come nuova mi son forzato
di occupare e di trattar io, con quella felicitá che dirá il mondo.
È ben vero che l’impresa altrettanto mi è riuscita difficile,
quanto i piú saggi letterati negocio, se non impossibile, molto
arduo almeno hanno sempre provato dilettar con le facezie il
lettore e non lo stomacar con le buffonerie; trattar materie alte
e servirsi di concetti bassi; parlar di uno e intender di un altro;
scoprirsi e non volere esser veduto; dir de’ sali e non inciampar nelle insipidezze; punger con la satira e non mordere con
la maledicenza; scherzare e dir daddovero; trattar cose politiche
e non offender chi domina; nelle persone degli uomini morti
riprender i vizi de’ vivi; con modesto artificio ne’ tempi passati
censurar le corruttele del secolo presente, e in un medesimo suggetto far quella gran forza di Ercole, quell’ultima gagliardia
dell’ingegno umano, che altrui acquista la vera corona della
lode, di mischiar l’utile col dolce. E benché agli uomini circonspetti e zelanti della propria riputazione ninna altra risoluzione
apporti spavento maggiore, che venire all’atto tremendo di
pubblicar al mondo le proprie fatiche e sottoporle al giudici©
universale degli uomini, altrettanto vari ne’ capricci, quanto
grandemente severi nelle censure; io nondimeno con animo
franco e con sicura speranza di recar onorato grido al nome
mio, non giá persuaso dagli amici o comandato da’ padroni,
come in somigliante occasione hanno detto molti, ma volontariamente e di mio moto proprio mando questi miei scritti alla
luce del mondo, accioché sieno letti dagl’ingegni piú curiosi.
Né questa confidenza che tengo di me e delie cose mie, nasce
perché io confidi dell’ingegno mio, da me conosciuto meno