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RAGGUAGLIO XXVII Apollo acremente si duole con le serenissime muse, perché inspirano il furor poetico in molti ingegni ignoranti; ed esse eccellentemente difendono le azioni loro. Vedendo Apollo i parti de’ moderni poeti italiani nelle similitudini, ne* traslati, nelle allegorie, nelle iperboli e nelle altre elegantissime figure, con le quali si trinano, si frangiano e si ricamano i dotti poemi, per la maggior parte pieni di molte imperfezioni, due giorni sono fece chiamar a sé le serenissime muse; con le quali molto acerbamente si dolse ch’inspirassero il nobilissimo furor poetico in certi ignoranti, che, per non durar fatica nell’acquistar co’ sudori de’ perpetui studi la perfezione dell’arte poetica, pubblicavano al mondo poemi infelici, ne* quali molto perdeva di riputazione quella poesia eh’è la delizia delle belle lettere, l’unica ricreazione delle fatiche de’ letterati, il vero ristoro de’ virtuosi, la gioia di tutte le arti liberali, non senza grave biasmo di esse muse, dalle quali i piú scelti virtuosi desideravano che del dono del furor poetico solo facessero parte agl’ingegni laboriosi e talmente innamorati delle buone lettere, che degni si facessero conoscere di ricever da esse grazia tanto segnalata. Si dice che Polimnia a nome dell’altre muse rispose a Sua Maestá ch’esse, nell’inspirare altrui il furor poetico e l’abbondante vena dei versi eleganti, sempre solevano aver riguardo alla fertilitá e siila vivacitá naturale degl’ingegni altrui, e che a Sua Maestá era noto che faceva bisogno che il dono del furor poetico precedesse alla cognizion dell’arte, alla scienza della dottrina: che poi particolar obbligo era di quelli che dalle muse conoscevano di aver ricevuto dono tanto singolare, con lo studio perpetuo delle buone lettere coltivar il talento dato loro, e che quando ella insufflò il furor poetico nell’ingegno bellissimo del suo dilettissimo Pindaro, egli affatto era nudo di tutte quelle