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con assolutissimo dominio; di modo che i suoi nobili, non gentiluomini privati, ma chiamar si potevano regi e prencipi grandi, i quali nelle faccende piú gravi della república ad essi stessi erano fedeli, ove i ministri dei prencipi erano agli altri: e che l’orrore che i nobili veneziani avevano di vender ai prencipi stranieri i secreti della república, nasceva dalla sproporzione infinita che tra quello era che essi perdevano con la fellonia, a quello che guadagnavano con la fedeltá; ché tra il rimorso che sentiva un ministro di tradir il suo prencipe, allo spavento che avea un senatore di vivere infedele alla patria libera, non si dava proporzione e comparazione alcuna che buona fosse; mercé che non avea che fare Tesser infedele ad altri col tradir se stesso. In ultimo disse la serenissima Libertá veneziana che i premi che i prencipi usavano coi secretari e con gli altri ministri loro, molte volte cagionavano effetti perniziosi e affatto contrari all’intenzione di quelli che gli ordinavano: perché non solo spesso raffreddavano il ministro nel buon servigio del suo signore, e allora particolarmente ch’egli piú non aveva che poter sperare da lui, ma la volontá dei prencipi tanto essendo mutabile, le machinazioni degli emuli delle corti tanto frequenti, spesse volte accadeva che il ministro con l’infedeltá e con la depressione del suo signore cercava di assicurarsi quel premio che con l’onorato suo servigio si aveva acquistato: tutti effetti perniziosissimi, e dei quali in tanto mancavano le sue rimunerazioni, che con la grandezza del suo imperio sempre crescendo il patrimonio della Libertá veneziana, ogni ora piú ne’ suoi senatori si accendeva il fuoco dell’amore e la caritá verso le cose pubbliche. Disse poi che sproporzion molto maggiore tra lei e le monarchie si trovava nel particolar delle pene, poiché piú volte ella avea sperimentato che allora che a’ suoi nobili, ancorché armati, ancorché desideratissimi dai prencipi stranieri, ella intimava la tremenda e spaventevol pena dello sdegno del senato e la privazione della nobiltá, non si trovava senatore alcuno veneziano, che con indicibile ubbidienza baldanzosamente non si fosse veduto correr verso Vinegia con deliberatissima risoluzione di piú tosto voler perder la vita tra le due colonne, eh’esser privato di quella libertá che