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RAGGUAGLIO XXV Le piú principali monarchie residenti in questo Stato di Parnaso chiedono alla serenissima Libertá veneziana con quai mezzi dalla sua nobiltá ella ottiene il beneficio di cosi esquisita secretezza e tanto esatta ubbidienza; e da lei ricevono la soddisfazione che desiderano. La virtuosa e onorata controversia che tra molti letterati nacque li giorni passati, la quale dalla serenissima Liberta veneziana nel modo scritto fu decisa, materia molto grande da ragionare e da discorrere ha dato a tutto questo Stato di Parnaso. Ma particolarmente nelle potentissime monarchie di Francia, di Spagna, d’Inghilterra e di Polonia ha destato una invidia tale, che elleno due mattine sono andarono a trovare la serenissima Libertá veneziana, e le dissero che stupor grande arrecava loro il vedere che in tutta la sua nobiltá ella compitissimamente trovasse quella fedeltá del secreto, che ad esse spesso era riuscito desiderio quasi impossibile, opera affatto disperata poter ottenere da un solo loro secretano, da un paio di consiglieri; calamitá che quelle potentissime reine dissero essere altrettanto piú miserabile, quanto nella presente fraudolente etá la prima arme che alcuni prencipi usavano di sfoderar contro gl’inimici loro, era con una gran massa di oro corromper la fede de’ principali ministri altrui: che però desideravano saper da lei con quali mezzi ella era arrivata a ottener da’ suoi nobili tanta secretezza ne’ negozi suoi piú gravi e tanta ubbidienza anco ne’ pericoli certissimi della ruina loro. A questa domanda rispose la Libertá veneziana ch’ella alla virtú della secretezza allettava la sua nobiltá co’ premi, che dal vizio della disubbidienza la spaventava con le pene. Replicarono allora le monarchie che anco esse, servendosi degli stessi mezzi, non però potevano conseguir i medesimi fini. Disse allora la Libertá veneziana che ciò accadeva perché, in comparazione di quei che usavano le ben ordinate republiche, i premi delle monarchie erano poveri, le pene scarse. A questo fu risposto che