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avesse cagionata quella rovina che Seneca solo affettava per assicurarsi quelle sue inesauste ricchezze, che con tanta privata vergogna e pubblico danno del suo prencipe si aveva accumulate. Ma poco dopo la cattura Seneca essendo stato esaminato, dal processo informativo si è venuto in cognizione che tanto contro lui quanto contro tutti i filosofi morali suoi seguaci è stata data querela ch’eglino grandemente scandalizzano il genere umano co’ due brutti vizi che hanno familiarissimi, d’esser sopra tutti gli uomini vendicativi e ingrati. Si dice che Seneca confessò le querele esser vere, ma che da quello di che egli e i suoi seguaci venivano accusati, in tanto ne’ filosofi morali non si doveva argumentar vizio alcuno, che da esse accuse piú tosto chiaramente si manifestava la somma bontá loro; poiché, gli uomini buoni non mai offendendo alcuno e per conseguenza altrui non dando occasione d’essere ingiuriati, non doveva parer strano se essi piú degli altri si ricordavano delle offese ricevute, essendo cosa ordinarissima tra gli uomini, che quei meno sanno perdonar le ingiurie, che piú conoscono non averle meritate. E che parimente dall’ingratitudine che da’ filosofi morali tutto il giorno si vedeva usar verso i benefattori loro, non asinitá, come per ogni cantone andavano pubblicando i malevoli loro susurroni, ma che evidentemente si scorgeva la candidezza e la somma bontá degli animi loro. Perché i filosofi morali, in ogni loro azione guidati dalla sicurissima scorta de’ ben timorati animi loro, per naturale instinto tanto aveano il riconoscere ogni bene e ogni grandezza, che in questo mondo ricevevano dagli uomini, dalla stessa potentissima mano di Dio, che non era maraviglia se con tanta facilitá ne disgraziavano le persone.