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366 ragguagli di parnaso » RAGGUAGLIO C Apollo rifiuta una censura presentatagli da un letterato, fatta sopra un poema di un virtuoso italiano. Giá Apollo avea fornito il faticoso corso del giorno, quando neirorizzonte del ponente scendendo dal suo radiantissimo carro, gli si fece innanzi un virtuoso, il nome del quale il menante, che non vuol tirarsi addosso qualche brutta ruina, giudiciosamente tace. Questi a Sua Maestá presentò una molto severa censura da lui fatta sopra un poema di un virtuoso italiano. Cosi apertamente mostrò Apollo che quel dono poco li fosse grato, che manifesti segni si conobbero in lui di animo alterato. Di modo che a Francesco Petrarca, che gli era allato, disse che imprudenza troppo grande era quella di alcuni che, prima non informandosi de* gusti di quelli che essi regalavano, commettevano la brutta sciocchezza di presentar gli occhiali ai ciechi, i liuti a* sordi e il vino agli abstemi. Si rivoltò poi Sua Maestá verso il virtuoso che volea fargli il dono del libro, e gli disse che ai suoi pari si donava il buon del mellone, il rifiuto delle scorze alle bestie: che però immondizie tali in un carretto portasse alla cloaca massima o che le gettasse nel fiume, e che a lui presentasse i concetti buoni e le cose tutte virtuose che aveva notate in quell’opera, ché non solo con aviditá grande le avrebbe lette, ma che ne li avrebbe ancora avuta somma obbligazione. E perché quell’infelice rispose che solo aveva atteso a notar gli errori senza far conserva delle cose che in quel poema meritavano lode, di modo si alterò Apollo, che, sebbene in quell’ora, come sempre nel suo occaso suol accadere, egli molto aveva raddolciti i raggi della sua faccia, mosso nondimeno da sdegno, cosi tornò ad infocarla come s’egli fosse stato nel suo meriggio; e a quell’infelice cosi rispose: —Sommamente ci crepa il cuor di doglia di avervi scoperto uno di quegli sciocchi maligni, che con la penna in mano solo sudano