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RAGGUAGLIO XCVI Apollo condanna Annibai Caro a pagar la sicurtá rotta per le ferite che egli diede al Castel vetro. Dopo rescarcerazione del commendatore Annibai Caro, il quale, come gli ordinari passati fu scritto, nella visita delle carceri per decreto di Apollo ricevette la grazia, il fiscal Bossio, che pretendeva che Sua Maestá solo avesse condonata la pena del delitto delle ferite date al Castel vetro, non rimesso il danaro della sicurtá rotta de non offendendo, citò i serenissimi Farnesi fideiussori a pagare i tremila scudi della pena convenzionale. Il Caro, che pretendeva che la grazia ricevuta cosi fosse compita, che comprendesse l’una e l’altra pena, ieri diede memoriale a Sua Maestá, nel quale molto si dolse delle molestie dategli dal fiscale. Apollo al memoriale del Caro rescrisse ch’egli solo intendeva di aver perdonata la pena dell’eccesso delle ferite, non il danaro stipulato nella sicurtá; e nel medesimo memoriale comandò che senza replica alcuna il danaro stipulato nella sicurtá fosse sborsato al Castel vetro. Il fiscale, come prima vide il rescritto nel memoriale, volando corse ad Apollo, e gli disse che la pena della sicurtá essendo stata stipulata al fisco, in modo alcuno non doveva esser pagata al Castelvetro. Tanto nuova parve ad Apollo questa pratica, che con sdegno grande: — Dunque — disse, — o Bossio, il danno delle ferite deve essere del Castelvetro, e l’utile del danaro mio? E nel mio Stato, nel quale pretendo che si viva con leggi tali che altrui servino per norma di un ottimo e santissimo governo, è stata introdotta cosa tale? — Ad Apollo rispose il Bossio che cosi si praticava non solo in molti tribunali d’Italia, ma in quelli della maggior parte di Europa. Allora Apollo, contro il Bossio maggiormente accendendosi di sdegno, gli disse che il prencipe che tra’ suoi sudditi voleva mantener la pace, anzi con pene crudeli doveva forzarsi di proibire i delitti, che con piacevoli castighi fomentarli e