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a’ somari di solo mescolarsi con gli asini, alle cavalle di solo accoppiarsi con gli stalloni della spezie loro, aveva voluto che dai congiungimenti degli asini con le cavalle nascessero i muli, animali nel tirar i calci tanto viziosi, tutto affine che gli uomini per non procrear prole ribalda maggiormente ambissero per lo mezzo del santissimo matrimonio di procrear quei figliuoli legittimi e naturali che dal ventre delle madri loro seco portano la benediziou di Dio: che però pareva che i figliuoli bastardi non essendo obbligati ad operar virtuosamente, allora che vivevano bene, era lor cortesia. Non per questo Catullo, grandemente spinto dallo stimolo della gelosia, volendo quietarsi, anzi ognora piú divenendo rabbioso, Apollo con faccia alquanto sdegnata gli comandò che tacesse, perché chi in sua casa teneva un pezzo di carnaccia puzzolente, non meritava di essere ascoltato quando si doleva di averla piena di mosconi. Con questa risposta essendo stato Catullo licenziato d:illa visita, il medesimo Baiardo fece relazione di un processo fabbricato contro Scipione Ammirato, ancor egli professor della politica, il quale si trovava convinto di aver commessi molti gravi eccessi, perciò che ad un prencipe che con nuove e bruttissime angherie scorticava i popoli suoi, affine ch’elleno ne’ suoi Stati non cagionassero novitadi impertinenti, pose loro gli onestissimi nomi di donativi, di sussidi, di aiuti, e che fino ad una odiosissima gabella non dubitò di porre lo specioso nome di « Monte della pietá ». Di piú, che ad un soggetto eminentissimo della cittá di Focide, che desiderava di aver séguito di sgherri con la spalla de’ quali avesse potuto tiranneggiare e ad ognuno rendersi tremendo, aveva insegnato che nella sua casa tenesse una camera aperta con carte, dadi e tavolieri, con una vii cortigianuccia allato alla porta della casa: ché questi erano i veri zimbelli che a sé chiamavano la schiuma degli uomini delle cittadi e i piú viziosi e mal inclinati cervelli del paese. E che al prencipe dell’Epiro, atroce nemico della grandezza de’laconici, il quale indegnamente perseguitava alcuni senatori grandi di quello Stato, che per aver ingegno militare e per esser soggetti di sommo valore non gli tornava conto che fossero assunti al principato