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33« RAGGUAGLI DI PARNASO lo Stato; che però era necessario fortificar la cittá reale; e che per condurre al suo fine opera tanto necessaria, pubblicasse T imposizione di una nuova gravezza, la quale da* popoli spaventati dal pericolo che correvano nella vita, nelle facultadi e nella riputazione volontieri sarebbe stata accettata: che poi con fervor grande cominciasse la fabbrica, la quale seguitasse un anno, che il secondo debolmente vi lavorasse e che il terzo affatto dismettesse Topera; ché i popoli, in quel biennio assuefatti giá alla gravezza di quel dazio, di buona voglia avrebbono continovato a pagarlo; e perché il magistrato della cittá aveva la grossa rendita di quarantamila scudi Tanno, la quale molto dal prencipé era affettata, che per rendersi di essa padrone e per indurre i cittadini a farnegli libero dono, solo gli bastava ch’egli si pro vedesse di due amici, l’uno de’ quali in un pubblico consiglio salisse nella ringhiera e consigliasse esser bene contracambiar l’ottimo governo del prencipe con la liberalitá di consegnargli per due anni soli le pubbliche rendite, e che l’altro amico poi, allora che simil proposta doveva correre a partito, pubblicamente dicesse esser azione indegna di un popolo fedele verso il suo signore usar i suffragi secreti, dove gl’ingrati e gli infedeli avevano occasione di oscurar la fedeltá dei sudditi devoti: che però, come ben si conveniva, il partito con la viva voce s’intendesse vinto; perché la vii plebe, allettata da quella brevitá di tempo, per pochi anni avrebbe conceduto quello che non mai si poteva riacquistare. Si diceva nel medesimo processo che lo stesso arcigogolante aveva confessato che, per cavar danari dai sudditi, al medesimo prencipe aveva detto che ottimo consiglio era proibir alcuna cosa sommamente bramata e grandemente usata nel suo Stato, come erano i lussi del vestire, la pompa delle gioie e le troppo esorbitanti doti che si usano; che poi mostrando di far grazia a chi chiedeva la licenza, la concedesse, ma con una buona ricognizione, sotto colore che altri pagasse il sigillo della secretaria. Udita che ebbe Apollo l’iniquitá di uomo tanto scelerato, stupefatto che in una umana creatura potesse trovarsi ribalderia cosi grande, proruppe in queste parole: — Puniendos rerum atrocium mini-