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prezzo comperati : pascoli; e che la notte con caritá e diligenza esquisita erano guardate e difese nelle mandre da’ nemici loro; e che dove gli altri animali e dalle stesse fiere e dall’insidie degli uomini erano perseguitati, e per la morte di essi infiniti non ad altro attendevano che a fabbricar reti, a pascer cani, a tender lacci, le sole pecore per grazia particolarissima godevano la nobil prerogativa che dagli uomini si fabbricavano le reti, si pascevano i cani, si tendevano i lacci per assicurarle da’ loro nemici; e che il creatore dell’universo avendo dimostrata somma predilezione verso le pecore, in vece di denti rapaci e di gambe veloci aveva conceduto loro le potentissime armi della lana, del cacio e delle altre molte ricchezze, con le quali cosi bene si acquistavano l’intiero amore degli uomini, che per la sola caritá che eglino avevano verso le pecore, i lupi, le tigri, i leoni e le altre fiere loro nimiche con ogni sorte di arme e di crudeltá perpetuamente erano perseguitate. E che per le doti tanto singulari di molti beni che le pecore apportano agli uomini, essendo riputate la delizia e la ricchezza del genere umano, accadeva ch’esse erano la piú numerosa spezie di animali che viva sopra la terra: di maniera tale che le pecore essendo pasciute e difese dalla vigilanza e dalla caritá de’ pastori loro, scioccamente desideravano i denti rapaci e le corna acute. E in ultimo disse Apollo che della molta severitá da alcuni pastori usata nel mungere e nel tosare, non con altre armi si dovevano vendicare, che con quella della ubbidienza e dell’umiltá, con dar loro copia di lana, molto cacio, e studiare alla feconditá: questa essendo la suprema felicitá della spezie delle pecore, che quei pastori che maltrattavano i loro armenti, in estremo erano crudeli contro loro stessi, essendo cosa verissima che la ferita bestialmente data alla pecora aveva proprietá d’uccidere il pastore. Per le quali cose egli comandava loro che, piú che da’ denti de’ lupi, si dovessero guardare di pur mostrar animo di voler mordere i loro pastori; poiché non tanto felici si potevano chiamar quelle pecore che con umiltá e con proietta ubbidienza assicuravano i pastori loro da ogni offesa, quanto infelicissime quelle che facevano la funesta professione di metter loro paura.