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RAGGUAGLIO LXXXVIII La spezie delle pecore manda suoi pubblici ambasciadori ad Apollo, per mezzo de’ quali fa istanza che sieno conceduti loro denti acuti e coma lunghe, e la dimanda loro da Sua Maestá è schernita. La spezie tutta delle pecore ha mandati a questa corte quattro suoi ambasciadori, i quali questa mattina sono stati ammessi airaudienza reale di Sua Maestá; onde un molto grande e ben ornato castron pugliese disse che le pecore benissimo conoscevano che quello Iddio che aveva creato tutte le cose, verso gli animali tutti avea usata tanta caritá, cosi eccellente giustizia, che con equivalenti doni di virtú aveva compensate l’imperfezioni e i difetti loro: onde in tanta moltitudine di animali bruti niuno ve n’era, che con buona ragione potesse dolersi di esser nella sua creazione da Sua Divina Maestá stato maltrattato. Ma che pareva loro che con le sole pecore come patrigno avesse usata molta parzialitá: percioché avendole create con grandissime imperfezioni, non si vedeva che Tavesse dotate di virtú alcuna equivalente, con la quale, se non assicurar lo stato loro, avessero almeno potuto vivere in questo mondo con quella quiete che vi campavano gli altri animali. Percioché se bene la Divina Maestá aveva creata la lepre con indicibil timiditá, co’ denti acuti e senza cuor di mordere, l’aveva nondimeno dotata di un piede tanto veloce, che l’assicurava dal dente di qualsivoglia piú feroce animale: e che la volpe di ragione non si poteva dolere di essere stata creata tarda al corso, avendole Sua Divina Maestá dato una sagacitá tale d’ingegno, che con molta facilitá schivava l’insidie di qualsivoglia fiera: e che cosi anco la lentezza del corso del lupo aveva compensata con un cuore tanto ardito, con un dente tanto mordace, con un genio tanto circonspetto, che essendo di terrore ad ogni animale, fino si faceva rispettare dagli uomini: e che simigliantemente negli uccelli dell’aere chiaro si vedeva che Sua Divina Maestá aveva usata la stessa caritá, poiché a quelli aveva date le ale maggiori e il volo piú