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avanti Apollo, e con acerbe parole esaggerò l’ingiuria che avea ricevuta da Marziale: contro del quale cosi fattamente incrudelí Sua Maestá, che lo condannò all’esilio perpetuo di Parnaso e suo distretto. E di giá si poneva in esecuzione la rigorosa sentenza, quando dall’avvocato di Marziale fu prodotto un motu proprio molti anni prima pubblicato da Sua Maestá, nel quale si ordinava che un motto, ancorché pungente, pur ch’egli fosse spiritoso, elegante, vivo, faceto, e che avesse sale, e che non con animo premeditato pensatamente con malignitá fosse detto, ma subito all’im prò viso fosse uscito dalla vivacitá d’un ingegno pronto, piú tosto meritasse lode e commendazione, che castigo, come delitto che nasceva anzi dalla vivacitá dell’ingegno, che dalla malignitá dell’animo: poiché nemmeno gli uomini prudentissimi avevano la virtú di saper inghiottir quel motto faceto e salato, che dalla prontezza di un ingegno arguto essendo stato spinto alla lingua, se ben per infiniti rispetti non doveva essere né scritto né detto, per la sua molta prontezza e vivacitá meritava nondimeno d’esser letto e ascoltato dagli uomini curiosi.